Se i ragni, il rap e lo slang franco-arabo non vi danno sui nervi, Vermines è un film che potrete apprezzare.
Ambientato in un orrendo palazzone di periferia (i cosiddetti "camembert" di Noisy Le Grand, progettati a metà anni '80 da un qualche architetto frustrato che di sicuro non è andato ad abitarci), il film coniuga critica sociale e orrore viscerale, ma non temete, è su quest'ultimo che si focalizza, realizzando una sorprendente varietà di momenti "fastidiosi" che metteranno a dura prova gli aracnofobici e non solo.
I personaggi sono giusto abbozzati per inquadrarli all'interno di un microcosmo di emarginati ultimi della società, che finiranno ulteriormente isolati da una quarantena in stile Rec, quando le autorità decideranno di sigillare il fatiscente edificio e sostanzialmente lasciare i residenti al loro triste e orrendo destino.
Io ci ho letto pure una velata critica alla gestione della pandemia, ma chissenefrega dei sottotesti sociali, la cosa che funziona sul serio qui sono i ragni, vivaddio. Ne hanno usati di veri, finti, in CGI e meccanici, piccoli, grandi e giganteschi. E se questi ultimi a mio parere risultano sempre i meno efficaci, è anche vero che compaiono solo alla fine e per tutto il resto del film abbiamo a che fare con esemplari, credibilissimi nell'aspetto e nei movimenti, che in certe parti del mondo potremmo tranquillamente incontrare.
Aggiungete che il film è girato bene, che la tensione regge fino all'ultimo (tolto qualche momento di troppo dedicato allo sconforto dei protagonisti e ai loro cazzi personali di cui ci frega poco) e che diverse scene vi indurranno più volte a grattarvi, scuotervi i vestiti e buttare nervosamente lo sguardo su muri e pavimenti di casa vostra, ed ecco che questo filmetto, degno erede di Aracnofobia, ha centrato in pieno l'obiettivo elevandosi dai soliti b-movie straccioni coi ragni assassini di cartapesta o peggio ancora in CGI da discount.
Per quello che voglio da questo tipo di film, per me è decisamente promosso.